Gaia nell’universo

novaceneQuando nel 1979 scrisse il suo primo libro su «Gaia» – la Terra interpretata come un organismo vivente in grado di autoregolarsi – James Lovelock approdò sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. L’ipotesi, così radicale e dirompente, sembrò a molti un’idea assurda e ben poco scientifica ma, dopo decenni di accesissime discussioni, è diventata ormai un concetto saldamente attestato, sia nell’ambiente scientifico sia nel pensiero comune. Oggi James Lovelock festeggia un secolo di vita e sembra tutt’altro che rassegnato a farsi da parte. In “Novacene” affronta infatti due dei temi più attuali, inquietanti e complessi della contemporaneità: il nostro rapporto con le macchine intelligenti e il destino della Terra. Secondo Lovelock, l’Antropocene – l’era geologica in cui la nostra specie si è dimostrata un fattore critico per l’intero pianeta – farà presto spazio all’età successiva, il «Novacene», quella della collaborazione tra l’uomo e le macchine. Nuovi esseri prenderanno forma dall’intelligenza artificiale che noi abbiamo progettato. Penseranno 10 000 volte più velocemente dell’uomo e ci guarderanno forse con la stessa condiscendenza con cui noi guardiamo le piante. Eppure – e qui sta il guizzo del pensatore di genio – tutto questo non si trasformerà in un incubo alla Terminator o alla Matrix, perché questi esseri iperintelligenti sapranno (anche meglio di noi) di essere totalmente dipendenti dal buon stato di salute del pianeta: Come noi, anche le macchine avranno bisogno del sistema regolatore di Gaia per sopravvivere, e dal momento che Gaia dipende dalla vita organica, sarà loro interesse preservarla. C’è di più: il Novacene potrebbe essere addirittura l’inizio della conquista dell’intero cosmo da parte di un’intelligenza diffusa. L’alba di un nuovo universo.

James Lovelock: Gaia ha passato il punto di non ritorno? No

lovelockQuando è apparso per la prima volta (1979) questo libro ha rivoluzionato l’ecologia e gli studi sull’ambiente offrendo finalmente una prospettiva nuova, equidistante dalle ottiche catastrofiste e da quelle improntate a eccessivo ottimismo. Secondo Lovelock la Terra è Gaia, un unico organismo vivente capace di autoregolarsi e di rispondere a tutti quei fattori nuovi e avversi che ne turbano gli equilibri naturali. La materia vivente non rimane passiva di fronte a ciò che minaccia la sua esistenza: gli oceani, l’atmosfera, la crosta terrestre e tutte le altre componenti geofisiche del pianeta si mantengono in condizioni idonee alla presenza della vita proprio grazie al comportamento e all’azione degli organismi viventi, vegetali e animali. Lovelock offre così un’alternativa alle concezioni di chi vede la natura come una forza primitiva da sottomettere o conquistare; o di chi considera la Terra come una nave spaziale impazzita, che ruota senza meta nel cosmo.

Spesso è difficile riconoscere l’entità più vasta di cui facciamo parte: come si dice, ” si vede l’albero, ma non la foresta “. E così è stato per la Terra prima che condividessimo con gli astronauti l’emozione procurata dalla straordinaria immagine del nostro pianeta: l’impeccabile sfera che segna la divisione tra il passato e il presente. Questo dono, la possibilità di osservare la Terra da lontano, ci apre gli occhi, costringendoci ad affrontare in modo nuovo, e cioè ” dall’alto in basso “, la biologia planetaria. Tradizionalmente, quando doveva affrontare la Terra nel suo complesso, la biologia era sempre stata costretta a procedere ” dal basso in alto “, a causa della dimensione stessa della Terra, enorme rispetto a quella degli oggetti a noi noti. Le due impostazione sono complementari. Nello studio di un microbo, di un animale o di una pianta, la visione fisiologica, dall’alto in basso, della vita come sistema complessivo si integra armoniosamente con la visione dal basso in alto che nasce dalla biologia molecolare: la vita come mosaico costituito da un immenso numero di tessere ultramicroscopiche.

l'amore che bastaUna donna sconosciuta scrive all’autrice, dichiarando di essere un angelo dell’Apocalisse e chiedendole aiuto per comporre un libro che racconi la sua storia. Incuriosita dal tono autoironico della richiesta, l’autrice accetta di incontrare la mittente e con lei si confronta in una lunga intervista, nel corso della quale i ruoli finiranno per confondersi.
Quello con la sua misteriosa interlocutrice diverrà infatti, per chi scrive, l’incontro con una se stessa potenziale, archetipica (e angelica, appunto) in grado di rispondere a tutte le sue domande.
Superando le superstizioni oscurantiste, i pregiudizi religiosi e la melassa New Age, questo libro, profondamente ispirato, inaugura una nuova spiritualità della terra, che proietta il lettore in quella che la narratrice chiama We-Age, l’Epoca del Noi, nella quale l’umano viene finalmente celebrato nel suo limite valicabile.
La storia della scienza mostra che ci serve mantenere quanto c’è di buono della passata interpretazione del mondo, per integrarlo nella nuova conoscenza che va prendendo forma.
goccia d'acqua 2Un caro saluto

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.