
Come ha osservato Ernesto Balducci, la nuova auto-comprensione antropologica prodotta dalle idee e dalle scoperte delle scienze evoluzionistiche rende possibile pensare che l’identità della specie umana contiene la possibilità di una nuova nascita dell’umanità. L’identità della specie umana è auto-trascendenza. E trasformare il dato di fatto dell’interdipedenza planetaria nel processo di costruzione di una civiltà della Terra, promuovendo una evoluzione antropologica e cognitiva verso la convivenza e la pace, è il compito difficile e addirittura improbabile, ma allo stesso tempo creativo e ineludibile, che ci è posto dalla sfida della complessità, levatrice della “Quarta Umanità”.
La Prima Umanità è quella dei cacciatori-raccoglitori, che si origina con la nascita biologica di Homo Sapiens 150.000 anni fa. Ed è l’umanità che prevale per più dei 9/10 della storia della nostra specie. Basata sulla caccia dei mammiferi anche di grandi dimensioni, essa è un prodotto diretto dell’acquisizione, da parte degli individui della nostra specie, di un linguaggio di alta complessità e di enorme potere generativo, con tutte leconseguenti ricadute sulle capacità comunicative e sulla coesione sociale. Ma l’ambiente ancora predomina. Ognuna delle piccole popolazioni nomadi, in cui allora l’umanità si trova frammentata, è strettamente dipendente dall’ecosistema locale in cui si insedia e deve sviluppare conoscenze adeguate persino dei suoi minimi dettagli per sfruttare al meglio le risorse che l’ecosistema locale può offrire. Questi “adattamenti creativi” locali, strettamente legati alle caratteristiche specifiche dei luoghi in cui una singola popolazione è insediata, sono indispensabili per la sopravvivenza e sono alla base di ciò cheoggi chiamiamo “culture”.
La Seconda Umanità è l’umanità agricola, che ha avuto originecon le prime coltivazioni e i primi centri urbani nel Medio Oriente, all’incirca 10.000 fa. Nel volgere di poche generazioni, questa seconda umanitàha effettuato vere e proprie operazioni di ” ingegneria genetica”, che hanno saputo moltiplicare le dimensioni delle piante coltivate e hanno loro assumere tate altre caratteristiche decisive ( per es: nella forma e nelle modalità di trasmissione dei semi ), per una valida utilizzazione nutrizionale. In questa fase, gli esseri umani sono più numerosi e le loro popolazioni tendono ad espsndersi, cooperando o entrando in competizione l’una con l’altra: l’incontro-confronto-scontro con le “altre” culture e le “altre” società, in forma pacifica o in forma bellica, inizia a diventare un elemento insito nella stessa vita quotidiana degli individui e delle collettività.
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Spesso gli equilibri precari di una società, in cui una crescita demografica incontrollata conduce a periodiche situazioni di scarsità di risorse, sono garantiti solo grazie all’espansione territoriale, in cui l’altro diventa una risorsa da depredare per mantenere il proprio benessere o anche soltanto le relazioni basilari costitutive della propria società e della propria cultura. L’altro a cui ci riferiamo non sono solo le altre popolazioni umane, ma anche gli ambienti naturali: da conquistare, dissodare, trasformare, perchè possano essere inseriti nelle proprie relazioni e nei propri cicli sociali, economici, e simbolici. A questo punto, prende il via l’età del “dominio”, dei “giochi a somma nulla “, che corrispondono al motto: “vinco io perdi tu”. Vi è sempre qualcuno che perde, che paga il peso del successo di qualcun altro: all’interno della propria società vi è il “diverso”, il capro espiatorio; all’esterno della propria società c’è invece il nemico da sconfiggere. La sfida e il soggiogamento della natura diventano metafore correnti e, alla fine, hanno quasi condotto l’essere umano all’oblio della propria intrinseca dipendenza dal buon funzionamento dei cicli eco-sistemici, locali e meno locali.
Questo paradigma dei “giochi a somma nulla” continua a governare anche le fasi di sviluppo della Terza Umanità, quella moderna, che inizia “dall’incontro colombiano” del 1492. L’impatto umano sull’ambiente diventa di gran lunga più elevato, perchè alla priorità originaria di confermare gli ecosistemi per le proprie esigenze alimentari fa seguito, alle soglie della rivoluzione industriale, la priorità di estrarre e di bruciare combustibili fossili: dapprima il carbone, poi il petrolio e i gas naturali. Oggi, la distruzione di molte fonti della varietà culturale e biologica rischia di risultare direttamente anti-evolutiva sia nei confronti dell’ecosistema, sia soprattutto nei confronti della specie umana stessa. La Quarta Umanità della nostra età globale definisce la soglia di un’ulteriore evoluzione e di una ri-umanizzazione vera e propria. Ha la necessità di ri-pensarsi non più attraverso le interminabili contese di piccoli gruppi, ma attraverso la moltiplicazione delle connessioni che dal singolo individuo portano a un’unica totalità planetaria, attraverso molteplici e disparate collettività. Ha la necessità di innescare ” giochi a somma positiva”.
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